Tra i molteplici aspetti dell’impatto del COVID-19 sulla gestione aziendale, quelli legati alla mobilità sono tra i più evidenti e duraturi. A tal punto che il Governo ha deciso di rilanciare la figura del Mobility Manager, rendendola obbligatoria per tutte le aziende o enti pubblici con oltre 100 occupati ubicate in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia o in un Comune con popolazione superiore a 50 mila.
Il Decreto "RILANCIO", DECRETO-LEGGE 19 maggio 2020, n. 34, infatti, al comma 4 dell'articolo 229 invita imprese e pubbliche amministrazioni ad adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale dipendente finalizzato alla riduzione dell'uso del mezzo di trasporto privato individuale nominando, a tal fine, un Mobility Manager con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile.
Peraltro, tale ruolo era stato introdotto dal Decreto Ronchi del 27/03/1998 per enti pubblici con più di 300 dipendenti ed imprese con complessivamente oltre 800 dipendenti – ma era stato recepito in modo assai limitato dalle aziende.
E’ vero che i dettagli ed i contenuti del ruolo devono essere definiti da un Decreto specifico da parte del Ministero dei Trasporti e da quello dell’Ambiente, ma è altrettanto vero che si tratta di temi delicati su cui le aziende si sono già attivate.
Abbiamo quindi cercato di capire come le aziende si stanno muovendo su questo tema, interrogando 20 Amministratori Delegati e Direttori HR di primarie aziende nel mondo industriale e dei servizi, con numero di dipendenti compreso tra 1000 ad oltre 10.000, ed invitandoli/le ad una riflessione sulle caratteristiche del Mobility Manager, e sulle iniziative già poste in essere o pianificate in merito.
Evoluzione del ruolo
E’ da notare che la figura del Mobility Manager si è andata trasformando nel tempo, essendo stata inizialmente centrata sull’ottimizzazione costi e sull’impatto fiscale della mobilità (internazionale) dei dipendenti. Successivamente, con il Decreto Ronchi del 1998, il focus si è spostato sulla sostenibilità e sulla riduzione delle emissioni inquinanti.
Infine, in seguito all’arrivo del COVID-19, il ruolo è ulteriormente mutato – indirizzandosi verso la salute dei dipendenti, i loro spostamenti, il distanziamento sociale e la gestione dello smart working e delle postazioni di lavoro in azienda.
Presenza e caratteristiche del ruolo in azienda
L’80% delle aziende contattate ha già la figura in organigramma (o sta lavorando per crearla), mentre il 20% non ritiene per il momento di doversene dotare.
Nella totalità dei casi si tratta di una figura di dipendente; alcune aziende in passato si avvalevano di una consulenza esterna, ma poi si sono dotate di una figura interna (anche qui la dimensione aziendale è un fattore determinante).
Contenuti del ruolo
Per quanto riguarda i contenuti della posizione, esiste una grande varietà: nella quasi totalità dei casi, il ruolo viene concepito come “misto”, ovvero nel tempo si sono accumulati i contenuti specifici man mano che la figura andava evolvendo.
D’altra parte, la maggior parte delle aziende ha già inserito (o sta lavorando per inserire) le tematiche più recenti, legate al COVID-19, tra i contenuti del ruolo: in pochi casi è stata appena creata la posizione, ricoperta da una risorsa specificamente assunta dall’esterno, mentre in altri casi le aziende, che non hanno ancora il ruolo in organigramma, intendono crearlo e stanno definendone i contorni – valutando altresì l’eventuale presenza in azienda delle competenze richieste (per poi decidere se ricercarle sul mercato o meno).
Inserimento in organigramma
Anche per quanto riguarda l’inserimento in organigramma ci sono più opzioni: nella maggior parte dei casi la posizione rientra nella più ampia sfera di responsabilità di HR, ed è magari inserita nel team di Welfare, oppure in quello di Sostenibilità/Environment.
In alternativa, è collocata nell’area di Facility Management in senso ampio (Facility, Safety, Servizi Generali, etc). In un solo caso le responsabilità sono state divise tra diversi manager in diverse funzioni.
Livello
Livello ed inquadramento ovviamente dipendono da dimensione e tipo di azienda.
Tra le aziende interrogate prevalgono quelle che considerano la posizione Dirigenziale per complessità e delicatezza dei temi trattati, mentre per un numero minore di aziende si tratta di un ruolo meno complesso, a cui è assegnato il livello di Quadro.
In questo caso, peraltro, alcuni interlocutori, riflettendo sui contenuti, si sono detti convinti che, qualora il ruolo venisse inteso in senso più completo e strategico, richiederebbe un/a manager di caratura decisamente superiore rispetto a chi attualmente occupa la posizione.
Al di là dei numeri, quello che emerge con chiarezza è che il tema del Mobility Manager è di massima attualità.
Molte aziende stanno ripensano il ruolo in profondità, e sono al lavoro per implementare i cambiamenti necessari per adeguarlo alle particolari esigenze del nuovo contesto, altre adottano un approccio più conservativo, limitandosi a ritoccare i contenuti del ruolo, magari in attesa di ulteriori evoluzioni (anche sotto l’aspetto legislativo).